In viaggio a tempo indeterminato/175: la via del peyote

Un tunnel scuro e stretto scavato nella roccia.
E quei due chilometri, con le luci basse, sembrano durare un'eternità.
Ma mentre la mia testa inizia a pensare che restare bloccati lì sarebbe una vera tragedia, ecco la luce in fondo al tunnel.
Siamo arrivati a Real De Catorce, un piccolo villaggio un tempo abitato da minatori, costruito in mezzo alle montagne.
Un vento forte crea dei tornado di sabbia e rende complicato tenere gli occhi aperti.
I cavalli, che in molti usano per spostarsi, procedono senza fatica tra le stradine strette del paese.
Non è lo stesso per gli asini che si bloccano nel bel mezzo degli incroci e si mettono a ragliare come a voler dire "ma dove vuoi andare con 'sto vento?"
Le nuvole in cielo corrono veloci a preannuciare che presto il sole verrà a farsi vedere in tutto il suo splendore.



Dopo meno di un'ora abbiamo già percorso tutte le stradine di Real de Catorce, siamo già stati nella chiesa principale dove la statua di San Francesco pare faccia miracoli e abbiamo già passato in rassegna tutti i ristorantini sparsi attorno alla piazza.
Un salto dal fruttivendolo a comprare due mele e una visita a un cimitero abbarbicato sulla collina e le attrazioni principali sembrano essere terminate.
"Carina Real de Catorce. Ma abbiamo fatto tutti questi km solo per questo paesino?"
"Ma no, siamo qui per il peyote!"
"Il peyote?!? Anghela ma sei impazzita? Da quando andiamo alla ricerca di cactus allucinogeni?"
"Ma non noi!! Gli indiani Huichol!"
"Cioè?"
"Ogni anno il popolo dei Huichol fa un lungo pellegrinaggio di 500km per raggiungere il deserto di Wirikuta che è proprio qui attorno a Real de Catorce. In questo deserto cresce il peyote che i sacerdoti Huichol utilizzano per avere visioni e mettersi in contatto con gli dei."
"E noi cosa c'entriamo? Anghela non dirmi che ti sei talmente stancata di me da aver bisogno del peyote per vedere una realtà alternativa!!!"
"In effetti, ora che mi ci fai pensare... Ma no dai, scherzo! Noi faremo gli ultimi 10 km di questo percorso e arriveremo al Cerro Quemado che è la montagna sacra."
"10 km a piedi nel deserto?!? 20 andata e ritorno?!? mmmm... ok, mi piace! Ma partiamo domani mattina e ci portiamo i panini che ho visto una panaderia prima che ne sforna a centinaia!"

VIDEO


Svegliati dall'asino che vive nel campo accanto a dove abbiamo parcheggiato, la giornata inizia presto.
Il caffè filtrato e l'avena con la frutta ci danno la carica giusta per metterci in marcia.
Dopo aver attraversato un ponte, lasciamo Real de Catorce.
Il sentiero è sterrato e passa attraverso edifici abbandonati.
Questa cittadina viene chiamata "pueblo fantasma" perché, dei 15.000 abitanti che vivevano qui durante la piena attività della miniera di argento, ne sono rimasti solo 1500 e molti edifici sono abbandonati.
Dopo un centinaio di metri di cammino però, spariscono le case diroccare e restano solo il deserto, i cactus e le montagne sulle sfondo.
"Cerco il peyote tutto l'anno e
all'improvviso eccolo qua..."
Attacca a cantare Paolo che ha improvvisamente trovato la colonna sonora per le due ore di trekking che ci aspettano.
Ah, la fortuna di aver sposato un musicista!
"Azzurro,
questo cammino è troppo azzurro
e lungo per me.
Mi accorgo di non avere
più risorse senza di teeee"
Ci sorpassano dei cavalli e chiediamo indicazioni perché il sentiero non è segnato.
La strada sale, sale sempre di più.
Il Cerro Quemado è alto 3000 metri e su quella montagna sacra, secondo gli indiani Huicol, sarebbe nato il sole, il dio creatore e padre dell'universo.


Per arrivare fino a quella cima, ogni anno moltissime persone si mettono in cammino.
Un percorso che è sia fisico che spirituale.
Gli indiani Huicol, infatti, devono prima confessare i loro peccati davanti agli altri membri della comunità e poi rinunciare a consumare alcool e ad avere rapporti sessuali durante tutto il percorso.
Devono ridurre il consumo di cibo,  di bevande e persino diminuire il sonno.
Solo così saranno pronti per assumere il peyote e potranno chiedere agli dei del loro destino.
Più salivamo verso la cima della montagna, più mi sembrava di sentire un'energia strana.
Come se quello non fosse solo un trekking in montagna ma qualcosa di più.
Per la stanchezza e il calore, ormai nessuno di noi due parlava più.
Solo il vento e il nostro respiro ad accompagnare i nostri passi fino a lassù, sulla cima del Cerro Quemado davanti a quella piccolissima stanza piena di offerte e  candele.
Ci siamo guardati, facce stanche e mal di gambe.
"Wow, che posto pazzesco!" abbiamo esclamato all'unisono.
Angela e Paolo
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