In viaggio a tempo indeterminato/155: tutta un'altra musica

Nashville e Memphis.
Due città che basta nominarle per sentir partire in sottofondo una musica rock’n’roll e provare un irrefrenabile impulso ad ancheggiare con in testa un imponente ciuffo di capelli ingellati.
Musica dal vivo ad ogni ora del giorno e gente che balla per strada, nella mia testa Nashville e Memphis me le ero sempre immaginate così, oltre che con Elvis che compare da dietro un angolo e si mette a cantare “love me tender, love me sweet”.
Onestamente, quando abbiamo deciso di andare a fare un salto proprio in queste due città, avevo paura di rimanere delusa.
Siamo pur sempre nel bel mezzo di una pandemia mondiale che ha inevitabilmente cambiato tutto.
“Abbiamo più chance di vedere Elvis con indosso una mascherina piuttosto che trovare un bar aperto” avevo detto a Paolo mentre parcheggiavamo la macchina per visitare Nashville.
Ma mi è bastato incamminarmi sul ponte di fronte alla città, per capire che mi stavo sbagliando.
Anche dall’altra parte del fiume arrivava quel brusio della musica suonata a tutto volume.


Camminare per le strade di Nashville mi ha fatto uno stranissimo effetto.
Come se improvvisamente mi trovassi catapultata in un mondo parallelo fatto di locali tutti aperti e musica che si mescola nelle strade.
Fatto di poliziotti con giubbotto antiproiettile e pistole, che distribuiscono mascherine azzurre.
Fatto di insegne luminose, negozi di stivali di pelle e vecchie botteghe che vendono dischi.
Fatto di ragazze in pantaloncini, reggiseno, stivali e mascherina.
All’inizio mi sono sentita davvero stordita, un po’ come quando torni da un concerto e ti fischiano le orecchie perché eri troppo vicino alle casse.



Mi sembrava assurdo che esattamente nello stesso momento, sullo stesso pianeta, la vita scorresse in modi completamente diversi.
Mentre a Nashville la gente ascoltava musica dal vivo bevendo una birra, a casa nostra, in Italia, non si poteva nemmeno uscire dal proprio comune.
Non sapevamo bene come comportarci io e Paolo.
Da un lato eravamo intimoriti da tutta quella libertà e vita, dall’altro provavamo l’irrefrenabile impulso di goderci quel momento il più possibile.

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Nashville è stata così, una sorta di viaggio fantascientifico in una realtà parallela con un costante sottofondo musicale country.
Mi sono sentita una “wild wild woman of the wild wild west”. (Ok, devo smetterla di ascoltare quell’orribile CD di musica country che abbiamo comprato in un negozio di dischi!)
Lasciata Nashville, ero davvero elettrizzata da quello che avrebbe potuto succedere a Memphis, la casa del Re della musica, Elvis Presley.
Ed è stata tutta un’altra musica… nel senso letterale del termine.
Perché anche a Memphis i locali erano aperti, la gente beveva e mangiava in bar anni ‘50 e passeggiava con indosso una mascherina.
L’unica cosa ad essere cambiata rispetto a Nashville era proprio la musica.
Niente più country ma blues e rock’n’roll a riempire le strade e creare un’atmosfera calda e colorata.

Abbiamo amato Nashville e Memphis, la loro atmosfera intrisa della storia di tutti quegli uomini che con una chitarra hanno influenzato la musica mondiale.
E per quelle ore, in mezzo a quelle strade, ci siamo sentiti come se tutto fosse “quasi” normale.
Come se il mondo fosse di nuovo il posto incasinato, rumoroso, vivace e allegro che amiamo.
Angela e Paolo
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