In viaggio a tempo indeterminato/109: nella città più pericolosa del mondo
Non ci sono mai piaciute le città. In questi due anni in viaggio, però, ne abbiamo visitate davvero moltissime. Alcune erano moderne e all’avanguardia come Kuala Lumpur o Tokyo. Altre erano ferme nel tempo come Yangoon o Hanoi. Alcune all’apparenza ricche come San Francisco, altre decisamente meno come Phnom Penh.
Città diverse tra loro per storia, architettura, tradizioni ma con in comune il fatto di farti sentire un piccolo puntino in confronto a quella vastità di edifici e strade trafficate. Alla fine avevamo anche iniziato ad apprezzarle, le metropoli, per il loro saper essere vive e piene di cose da fare e vedere.
San Diego è stata per noi l’ultima città negli Stati Uniti prima di attraversare il confine con il Messico.
In questa metropoli colorata, non caotica e vivibile, ci siamo fermati qualche giorno non solo per dormire finalmente in un letto vero e per farci una doccia vera, ma anche per raccogliere le idee su quello che sono state le settimane passate a vivere sul minivan.
Ma parlavamo delle città e del nostro amore/odio per loro. Amore che ci ha portato, nel corso del viaggio, ad apprezzarne la vitalità e il fatto di avere sempre qualche attività interessante da fare o qualche luogo speciale da vedere. Odio perché città spesso fa rima con traffico, smog, corse frenetiche, zone degradate e tanta, tantissima gente, soprattutto se la città in questione si trova in India.
Nonostante tutto, però, anche nelle grandi metropoli non ci siamo mai sentiti in pericolo. Sicuramente alzavamo il livello di allerta, evitando ad esempio di uscire la sera tardi o facendo più attenzione agli oggetti che portavamo con noi. Insomma, le solite precauzioni e quel pizzico di buon senso che va usato ovunque nel mondo che sia Milano o Mumbai.
Ma mai ci eravamo sentiti minacciati o spaventati dall’ambiente circostante... questo perchè non eravamo ancora arrivati a Tijuana.
Tijuana, la prima città messicana che si incontra dopo il confine con gli USA. Un confine famoso in tutto il mondo non solo perché ogni giorno sono migliaia le persone che lo attraversano, ma anche e soprattutto per il “muro della vergogna”.
Si tratta di una barricata costruita a partire dal 1994, lunga 3000km e alta 3 metri che dal Messico arriva fino in Texas. Una presenza angosciante e un simbolo triste che domina la città di Tijuana.
Un muro che guardandolo lascia l’amaro in bocca perché costruito con il solo intento di dividere e tagliare fuori qualcuno dall’opportunità di una vita migliore. Mentre attraversavamo quel confine, nella mia testa c’erano chiare le immagini dei telegiornali che mostravano quella barricata, il filo spinato, le persone in coda. E mi ero sempre chiesta che senso avesse quella divisione, quel cercare di evitare che qualcuno potesse aspirare a migliorare le proprie condizioni.
Quel muro urlava al mondo “non vi vogliamo da questa parte”. Già mi sembrava senza alcun senso allora, quando per me era solo un’immagine in TV.
Dopo esserci stata a quel confine, però, tutto mi è sembrato ancora più ridicolo. Perché gli stessi abitanti degli Stati uniti, quelli che il muro l’hanno fatto costruire e negli anni hanno aggiunto pezzi, lo attraversano ogni giorno regolarmente.
Perché a Tijuana tutto costa meno rispetto agli USA. Perché a Tijuana ci si può divertire e svagare nei locali notturni. Tijuana è un po’ la polvere nascosta sotto il tappeto. Il luogo dove droga, merci illegali e prostituzione sono alla luce del giorno come fossero attività “normali”.
E indovinate chi sono i clienti principali? Sì, proprio gli Statunitensi, quelli che hanno costruito il muro perché certe cose dentro casa loro non le volevano.
Così ci siamo ritrovati in questa città di confine che in un solo istante ha scalato la nostra personale classifica delle città più brutte mai viste. E per la prima volta da quando siamo in viaggio abbiamo percepito il pericolo. Nelle prime 24 ore a Tijuana non ci siamo mai sentiti realmente al sicuro.
Pensavamo che il centro della città, la parte più turistica, fosse anche quella più tranquilla.
Ma ci sbagliavamo. Tra una panaderia e un supermercato, infatti, ci sono ragazze che si prostituiscono e persone che spacciano. La gente sembra guardarti non per curiosità ma per altri intenti. Un po’ ce lo potevamo aspettare, dato che Tijuana nel 2018 era stata “eletta” la città più pericolosa del mondo per il maggior tasso di omicidi per numero di abitanti.
Certo avevamo anche letto vari articoli in cui si parlava della rinascita della città dopo imponenti misure messe in atto dalla polizia per combattere le guerre tra i narcotrafficanti della zona. Insomma, una situazione che già ci metteva poco a nostro agio prima di arrivare in questa città.
Ma la ciliegina sulla torta per noi è stato finire a dormire in un hotel economico che all’apparenza sembrava solo una bettola sporca e maleodorante, al pari di altre in cui eravamo stati nel mondo, ma che in realtà la notte si trasformava in luogo di scambi e attività decisamente poco legali.
Insomma, il primo giorno a Tijuana per noi è stato un vero incubo che non ci ha fatto chiudere occhio la notte. Volevamo andarcene il più in fretta possibile ma la sfortuna ha voluto che l’autobus notturno che dovevamo prendere fosse pieno.
A bilanciare una situazione orrenda sotto tutti i punti di vista, è però arrivato Guglielmo, un ragazzo conosciuto tramite Couchsurfing che ci ha ospitato una notte nel suo appartamento e ci ha fatto vedere un lato diverso della città.
Ci ha mostrato la zona residenziale, la spiaggia con i bar e i ristoranti dove la vita sembra normale e dove quelle macchie scure del centro sembrano solo un ricordo. E poi ci ha fatto conoscere l’ospitalità messicana, l’accoglienza, la gentilezza e ci siamo sentiti di nuovo al sicuro.
Abbiamo deciso che il nostro Messico comincia da lì, da Guglielmo e dalla colazione con pane e Nutella. Perché la prima giornata a Tijuana resterà solo una parentesi nera che non vogliamo condizioni la nostra esperienza in questo Paese unico e che non vediamo l’ora di scoprire.
Città diverse tra loro per storia, architettura, tradizioni ma con in comune il fatto di farti sentire un piccolo puntino in confronto a quella vastità di edifici e strade trafficate. Alla fine avevamo anche iniziato ad apprezzarle, le metropoli, per il loro saper essere vive e piene di cose da fare e vedere.
San Diego è stata per noi l’ultima città negli Stati Uniti prima di attraversare il confine con il Messico.
In questa metropoli colorata, non caotica e vivibile, ci siamo fermati qualche giorno non solo per dormire finalmente in un letto vero e per farci una doccia vera, ma anche per raccogliere le idee su quello che sono state le settimane passate a vivere sul minivan.
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Ma parlavamo delle città e del nostro amore/odio per loro. Amore che ci ha portato, nel corso del viaggio, ad apprezzarne la vitalità e il fatto di avere sempre qualche attività interessante da fare o qualche luogo speciale da vedere. Odio perché città spesso fa rima con traffico, smog, corse frenetiche, zone degradate e tanta, tantissima gente, soprattutto se la città in questione si trova in India.
Nonostante tutto, però, anche nelle grandi metropoli non ci siamo mai sentiti in pericolo. Sicuramente alzavamo il livello di allerta, evitando ad esempio di uscire la sera tardi o facendo più attenzione agli oggetti che portavamo con noi. Insomma, le solite precauzioni e quel pizzico di buon senso che va usato ovunque nel mondo che sia Milano o Mumbai.
Ma mai ci eravamo sentiti minacciati o spaventati dall’ambiente circostante... questo perchè non eravamo ancora arrivati a Tijuana.
Tijuana, la prima città messicana che si incontra dopo il confine con gli USA. Un confine famoso in tutto il mondo non solo perché ogni giorno sono migliaia le persone che lo attraversano, ma anche e soprattutto per il “muro della vergogna”.
Si tratta di una barricata costruita a partire dal 1994, lunga 3000km e alta 3 metri che dal Messico arriva fino in Texas. Una presenza angosciante e un simbolo triste che domina la città di Tijuana.
Un muro che guardandolo lascia l’amaro in bocca perché costruito con il solo intento di dividere e tagliare fuori qualcuno dall’opportunità di una vita migliore. Mentre attraversavamo quel confine, nella mia testa c’erano chiare le immagini dei telegiornali che mostravano quella barricata, il filo spinato, le persone in coda. E mi ero sempre chiesta che senso avesse quella divisione, quel cercare di evitare che qualcuno potesse aspirare a migliorare le proprie condizioni.
Quel muro urlava al mondo “non vi vogliamo da questa parte”. Già mi sembrava senza alcun senso allora, quando per me era solo un’immagine in TV.
Dopo esserci stata a quel confine, però, tutto mi è sembrato ancora più ridicolo. Perché gli stessi abitanti degli Stati uniti, quelli che il muro l’hanno fatto costruire e negli anni hanno aggiunto pezzi, lo attraversano ogni giorno regolarmente.
Perché a Tijuana tutto costa meno rispetto agli USA. Perché a Tijuana ci si può divertire e svagare nei locali notturni. Tijuana è un po’ la polvere nascosta sotto il tappeto. Il luogo dove droga, merci illegali e prostituzione sono alla luce del giorno come fossero attività “normali”.
E indovinate chi sono i clienti principali? Sì, proprio gli Statunitensi, quelli che hanno costruito il muro perché certe cose dentro casa loro non le volevano.
Così ci siamo ritrovati in questa città di confine che in un solo istante ha scalato la nostra personale classifica delle città più brutte mai viste. E per la prima volta da quando siamo in viaggio abbiamo percepito il pericolo. Nelle prime 24 ore a Tijuana non ci siamo mai sentiti realmente al sicuro.
Pensavamo che il centro della città, la parte più turistica, fosse anche quella più tranquilla.
Ma ci sbagliavamo. Tra una panaderia e un supermercato, infatti, ci sono ragazze che si prostituiscono e persone che spacciano. La gente sembra guardarti non per curiosità ma per altri intenti. Un po’ ce lo potevamo aspettare, dato che Tijuana nel 2018 era stata “eletta” la città più pericolosa del mondo per il maggior tasso di omicidi per numero di abitanti.
Certo avevamo anche letto vari articoli in cui si parlava della rinascita della città dopo imponenti misure messe in atto dalla polizia per combattere le guerre tra i narcotrafficanti della zona. Insomma, una situazione che già ci metteva poco a nostro agio prima di arrivare in questa città.
Ma la ciliegina sulla torta per noi è stato finire a dormire in un hotel economico che all’apparenza sembrava solo una bettola sporca e maleodorante, al pari di altre in cui eravamo stati nel mondo, ma che in realtà la notte si trasformava in luogo di scambi e attività decisamente poco legali.
Insomma, il primo giorno a Tijuana per noi è stato un vero incubo che non ci ha fatto chiudere occhio la notte. Volevamo andarcene il più in fretta possibile ma la sfortuna ha voluto che l’autobus notturno che dovevamo prendere fosse pieno.
A bilanciare una situazione orrenda sotto tutti i punti di vista, è però arrivato Guglielmo, un ragazzo conosciuto tramite Couchsurfing che ci ha ospitato una notte nel suo appartamento e ci ha fatto vedere un lato diverso della città.
Abbiamo deciso che il nostro Messico comincia da lì, da Guglielmo e dalla colazione con pane e Nutella. Perché la prima giornata a Tijuana resterà solo una parentesi nera che non vogliamo condizioni la nostra esperienza in questo Paese unico e che non vediamo l’ora di scoprire.
Angela e Paolo