In viaggio a tempo indeterminato/100: arrivederci Asia!

Faceva caldissimo e le magliette si appiccicavano alla pelle. Lo zaino pesava troppo. I pensieri pesavano troppo. Eravamo stanchi e provati dal jet-lag. Attorno a noi profumi nuovi, odori insoliti, rumori di clacson, fumo di incenso.
La nostra avventura era iniziata così 22 mesi fa, 650 giorni. E no, non è un anniversario importante perché ai due anni di viaggio manca ancora qualche mese. Ma la data del 21 Ottobre non la dimenticheremo perché è in quella giornata che abbiamo salutato l’Asia, il continente che abbiamo chiamato casa per tutti questi mesi. Siamo stati in 12 Paesi così lontani tra loro da sembrare appartenere a pianeti diversi. E a pensarci bene è stato un viaggio davvero assurdo che ci ha cambiato, trasformato, riempito di colori. L’Asia ci ha fatto vedere tutto e il contrario di tutto e ci ha spinto oltre quelli che credevamo essere i nostri limiti. In ogni Paese una sfida diversa da affrontare e cose pazzesche da vivere.



Ci abbiamo pensato un po’, mentre eravamo all’aeroporto in attesa di partire per la prossima meta, ed ecco le cose più pazzesche che abbiamo fatto in ogni Paese della folle Asia.
In Malesia, la nostra prima tappa, abbiamo dormito in tenda sulla spiaggia di un’isola con un mare così azzurro da sembrare colorato. Sognare cullati dal suono delle onde e dalle punture di zanzara, e poi svegliarsi, aprire una zip e vedere il sole sorgere sul mare.
Ma abbiamo anche mangiato fino a quasi stare male, a un buffet vegetariano a cui eravamo stati invitati senza capirne nemmeno il perché!
Poi c’è stata la Birmania con il trekking che ci ha portato a passare una notte in mezzo al nulla nella casa del sindaco del villaggio, con le mucche fuori dalla porta e le stelle sopra le nostre teste. Il Paese che ci ha fatto svegliare prestissimo, arrampicarci su una pagoda illuminata con la luce delle candele e aspettare di vedere il sole sorgere, appollaiati, congelati ma tanto felici.
In Thailandia, invece, abbiamo mangiato riso cotto nel bamboo su un treno lento che attraversava un mercato e siamo andati alla scoperta di spiagge deserte a bordo di un motorino scassato.
Poi è arrivato il Laos e ancora ci fa male il fondoschiena al solo ricordo di quelle 4 ore passate su una barca di legno che correva sul fiume. Non potevamo muoverci per non farla ribaltare ma non riuscivamo a smettere di guardare a destra e sinistra tutte quelle montagne, i bufali, le persone che scendevano e salivano dalla barca per raggiungere villaggi così remoti.



Il Vietnam invece, ci ha fatto battere il cuore forte, molto forte... colpa di quel caffè buonissimo, cioccolatoso, dolce che era diventato una vera dipendenza.
Ma non è stata solo la caffeina a farci accelerare il battito. Ci hanno pensato anche le pagaiate in una delle baie più famose del mondo, le lanterne di carta lasciate andare al fiume, il cocco di un mercato galleggiante venduto da una barca, l’isola dei pirati dove eravamo gli unici turisti.
Poi siamo arrivati in Cambogia e ci siamo resi conto che nonostante tutti i templi che avevamo visto fino ad allora, nessuno era all’altezza di quella meraviglia chiamata Angkor Wat.
A Sumatra, invece, abbiamo fatto l’en plein: siamo saliti su un vulcano, abbiamo guardato negli occhi gli orango tango e abbiamo nuotato tra dei pesci coloratissimi... insomma è stato un po’ come vivere dentro a un documentario.



Poi è arrivata l’India, mamma India.
Per sei lunghissimi e intensissimi mesi ci ha coccolato e preso a schiaffi.
Abbiamo mangiato il cibo più buono di sempre e vissuto intensamente tutti gli effetti collaterali delle spezie e del piccante.
Abbiamo visto templi, palazzi di maharajah, capanne ai lati dei binari, tende nel deserto.
Siamo diventati un po’ sordi per tutti quei clacson continui.
Abbiamo cambiato il nostro concetto di pulito e imparato ad apprezzare una doccia con il secchio o un lenzuolo senza macchie evidenti.
Siamo entrati in case con tetto in lamiera, grandi quanto una stanza e senza nemmeno il bagno.
Siamo stati in una scuola, in un centro di cura per bambini disabili, in un orfanotrofio.
Abbiamo ballato a un matrimonio, schivato dei gavettoni pieni di polveri colorate, assistito a dei funerali sulle rive di un fiume.
L’India è stato il Paese che ci ha cambiato, per sempre, ci ha dato quel calore e colore di cui avevamo bisogno.



Poi è arrivato il Nepal con quelle sue montagne altissime e i ponti sospesi che mentre li attraversi speri solo che dall’altra parte li abbiano fissati bene.
A cambiare tutto poi è arrivata Taiwan, con i terremoti che ci svegliavano alle 5 di mattina e tutta quella carne di maiale che non ci faceva dormire la notte.
La Corea l’abbiamo presa un po’ come una pausa rigenerante, e tra maschere viso all’avocado, spa e saune ci siamo rimessi in forma.
E per salutare l’Asia abbiamo scelto il Giappone con i suoi grattacieli, i quartieri con le persone che sembrano uscite da cartoni animati, gli inchini per ogni cosa, i semafori che suonano, i templi nelle foreste, il sushi... un Paese così complicato e bizzarro che ancora non l’abbiamo capito bene.
22 mesi, 12 Paesi, 650 giorni per amare e odiare questa Asia che ci ha dato colore, ci ha risvegliato i sensi, ci ha preso a schiaffi in faccia per farci rendere conto di quanto fossimo fortunati.
E ora che l’abbiamo salutata, anche se davanti a noi abbiamo ancora moltissime esperienze e Paesi da vivere, sappiamo che nessuno sarà come Lei, come l’Asia.

Ma per “consolarci” dalla mancanza dell’Asia, abbiamo scelto un luogo unico, da sogno, da cartolina, da film... Aloha, siamo sbarcati alle HAWAII!!!
Angela e Paolo
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