In viaggio a tempo indeterminato/30: welcome in Cambogia
Nuova lingua e nuovo alfabeto arzigogolato.
Nuova moneta, o meglio due monete (perchè qui dollaro e riel si usano contemporaneamente).Nuove abitudini e tradizioni.
I motorini sono quasi spariti, ma i tuk tuk si sono moltiplicati.
I cappelli a cono sono stati sostituiti da colorati copricapi in tessuto.
Google Translate non serve più perchè quasi tutti parlano inglese (o almeno conoscono le parole più importanti).
Sono riapparsi i templi dorati e le gigantesche statue buddiste.
La simpatia delle persone e la loro voglia di cantare in spiaggia con microfono e cassa a tutto volume è rimasta.
Così come l’onnipresente riso preparato in mille formati diversi!
Abbiamo ritrovato il rumore dei mercati, con la gente intenta a contrattare e le pile di frutta sistemate come soggetti di un dipinto.
Ai rondò non ci si taglia più i capelli ma ci sono statue eccentriche che rappresentano durian, granchi giganti o cavalli bianchi.
Siamo arrivati in Cambogia.
Abbiamo solo attraversato una frontiera, che altro non è che una linea immaginaria, per notare già molti cambiamenti.
Una delle prime tappe del nostro viaggio è Phnom Penh, la capitale.
Fino a qualche anno fa non amavamo molto le città, caotiche, rumorose e affollate.
Adesso, invece, ci attraggono particolarmente perchè racchiudono tutta l’essenza del Paese.
E Phnom Penh non è da meno, anzi.
In pochi chilometri quadrati riesce a mostrare contemporaneamente il passato buio e il presente luminoso della Cambogia.
Ci sono i templi e i mercati colorati, i bar per stranieri e i grattacieli in vetro.
Poi ci sono i “campi di morte” e i musei del genocidio che raccontano delle atrocità di un passato così recente.
E’ un contrasto pazzesco che fa rabbrividire e che ha inevitabilmente condizionato il nostro modo di vedere i cambogiani.
Pensare che molte delle persone che incontriamo, come la signora che vende i noodles a un banchetto o il petulante autista di tuk tuk che ci insegue per ore, abbiano vissuto il periodo di oppressione e atrocità dei Khmer Rossi, da una luce diversa ai loro sorrisi.
Siamo solo all’inizio della nostra esperienza in Cambogia e non vediamo l’ora di scoprirla.
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Angela e Paolo